Messaggio per i Grest 2019 a cura di Mons. BRUNO FORTE – Arcivescovo Metropolita della Diocesi di Chieti-Vasto
Un grande amico di Gesù: è così che potremmo definire l’Autore del Vangelo secondo Giovanni. Affermando di essere il “discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?»” (v. 20), si presenta così: “Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera” (Gv 21, 24). Di lui Pietro chiede a Gesù: “Signore, e lui?”. E Gesù gli risponde: “Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te?” (vv. 21-22). Con questo Gesù non vuol dire che quel discepolo non sarebbe morto (v. 23), ma che è per eccellenza il discepolo dell’attesa, proteso all’incontro con l’Amato, andato a prepararci un posto nel seno del Padre.
Già questa discrezione nel parlare di sé ci fa intravedere una delle caratteristiche più belle dell’amicizia: l’amico accompagna, ma non invade; è sempre pronto ad aiutare, ma non crea rapporti di dipendenza; viene incontro, ma desidera soprattutto camminare insieme con l’amico, nella gioia della reciprocità e nell’impegno della condivisione. Il discepolo amato presenta i tratti dell’audacia e della tenerezza che i veri amici sono capaci di avere (è l’unico che resta ai piedi della Croce) e vede l’invisibile, perché guarda con gli occhi dell’amore. Soprattutto, sa fidarsi rispondendo all’invito di Gesù: “Venite e vedrete”. Prima va, poi vedrà! L’amico guarda al futuro custodendo nel profondo la grazia dell’incontro da cui l’amicizia iniziò. Perciò egli fissa nell’agenda del cuore i momenti decisivi dell’amicizia, ricordando perfino l’ora che ne segnò l’inizio: “Erano circa le quattro del pomeriggio”. Incontrare l’amico e decidere di camminare con lui sono due volti dell’esperienza, esigente e bellissima, che è l’amicizia…
Come è di ogni vero amico, il discepolo amato desidera poi conoscere Gesù, entrando in una relazione sempre più profonda con lui: nel cosiddetto “libro dell’addio” – i capitoli 13-17 del Quarto Vangelo -, nel momento drammatico in cui si consuma il tradimento di Giuda, ora dell’amore supremo (“li amò sino alla fine”: 13,1) e di supremo dolore (è giunta “l’ora”), l’amico sta vicino a Gesù più di ogni altro, dimostrando con la vita che amore e dolore sono inseparabili, vicinanza all’Amato e partecipazione al suo soffrire. Sta nel grembo di Gesù (v. 23), e resta ai piedi della Croce nell’ora della prova, mostrando di aver capito da che parte l’amicizia deve stare. Voler conoscere l’amico e scegliere la via della fedeltà sempre nuova a lui è proprio della vera amicizia.
Il dialogo con Gesù ai piedi della Croce (19,26s) rivela il tesoro che il Maestro affida all’amico. È l’ora del testamento del Profeta abbandonato, che si rivolge alla “donna”, figura d’Israele e della Chiesa e Madre sua, e al discepolo amato, stabilendo fra loro un rapporto così profondo, che l’amico prende la donna nel cuore del suo cuore. Amicizia è la grazia di confidarsi il dono più grande… Andando con Pietro al sepolcro la mattina di Pasqua (20,1-8), l’amico corre per andare a vedere, mosso dalla sete di chi ama. Arriva per primo, ma aspetta, rispettando chi è più grande di lui, sapendo far posto all’altro. Vede e crede: sarà il testimone oculare, colui che ha visto e può perciò contagiare l’amore che apre gli occhi della fede. Sceglie di spendere tutta la sua vita per annunciare al mondo che l’Amato ha vinto la morte e vuole vincerla in ognuno di noi, per sempre.
Chi ha conosciuto, ha visto e toccato l’amore, non può tenerselo per sé: ne diventa il testimone irradiante. La testimonianza scaturisce dalla sovrabbondanza del cuore toccato dal Maestro e ardente di amore. Proprio così, l’amico resta nell’attesa: il dialogo fra Gesù e Pietro riguardo al discepolo amato (21,20-24) mette in luce che l’amico attende il ritorno di Gesù, proteso nella speranza verso la gioia dell’incontro faccia a faccia. Il ricordo dell’Amato non è in lui nostalgia o rimpianto, ma tenerezza, speranza, vigilanza, attesa. L’amicizia non vive di passato, ma schiude al futuro e lo tira nel presente per il suo stesso ardore. La grazia del Signore rende così presente nel legame dell’amicizia il futuro della promessa di Dio e la sua infinita bellezza.